L’uomo per natura cerca di sapere[1].
Ogni uomo e, in qualche modo, ogni generazione cercano la bellezza; però sembra
che tra le generazioni siano diversi criteri per dire che una cosa è bella. Che
cosa è questo che ci attira e ci appassiona? Cosa è la bellezza? Dove sta la
bellezza? Sembra che ogni generazione si fa un’idea di questa, che non è la
stessa che quella delle generazioni precedenti. Sarà che la bellezza è
soggettiva? Oppure è una realtà d’accordo comune? C’è bellezza? Oppure si
dovrebbe parlare di bruteza?
La diversità
delle teorie formulate della bellezza si deve alle diverse prospettive a cui è
stata considerata. Principalmente tre sono state le posizioni dell’uomo davanti
alla bellezza: Alcuni la vogliono produrre, altre la vogliono possedere, e
altre la vogliono soltanto contemplare. Il verbo contemplare significa guardare attentamente; e questo è l’azione di
applicare la mente con attenzione a un oggetto, materiale oppure spirituale;
cioè, avere l’anima assorta nello sguardo e nella considerazione. Ora, l’uomo
ha speculato sulla bellezza in tre livelli; cioè le dottrine formulate dall’Estetica, dalla Metafisica e dalla Teologia.
L’Estetica ha cercato la bellezza
categoriale, dal punto di vista del soggetto che si trova per il giudizio
estetico[2]. Invece la Metafisica
ha cercato la bellezza trascendentale fondandola ontologicamente nel livello
dell’essere, dal punto di vista tanto dell’oggetto come del soggetto. Da parte sua la Teologia la cerca nel punto più in alto, in Dio, come la Bellezza
Perfetta, la Gloria.
La nostra
esperienza ci rivela che ci sono esseri belli. La bellezza è quello che visto
piace[3]. Peró prima di considerare questa
descrizione, indichiamo una considerazione midollare: è stato detto che questo
che cerchiamo, cioè, la bellezza, c’è. E
lo abbiamo affermato perché il nostro intelletto, nell’esperienza, lo ha
concepito come conosciuto. Perciò, la bellezza nella sua esistenza reale si
orienta verso un soggetto: il quale è capace di cogliere e si compiace nella
sua apprensione. Per questo, il bello, in
quanto conosciuto, include polarità. È
bello oggettivo nel suo essere lì, ed è, simultaneamente, soggettivo in
quanto che è bello per un soggetto che lo contempla. Detto con maggiore precisione: ciò che è
bello include una relazione di ragione, ecco il giudizio estetico. Questa
relazione non include necessariamente immanenza in un soggetto. Cioè, il bello
non è bello perche qualcuno l’afferma; ma lo afferma perche è bello[4].
Prima avevamo
detto che la bellezza c’è; e lo avevamo detto perche il nostro intelletto,
nell’esperienza della realtà, lo ha concepito come conosciuto[5]. Però ci sono due livelli
di bellezza: Categoriale e trascendentale.
Per capire
questa distinzione nel tema che ci interessa, possiamo notare, ad esempio,
quando vediamo la Pietà di
Michelangelo, e ci chiediamo: cosa la fa così bella? O detto con altre parole,
quali caratteristiche o elementi fanno propizia la sua bellezza? Proporzione? Colore? integrità? Tema? Tecnica? Linguaggio artistico? In questo caso
cerchiamo la bellezza categoriale o
estetica. Invece, se andiamo più in
profondità e ci chiediamo riguardo la bellezza di un essere in quanto essere;
in questo caso cerchiamo la bellezza trascendentale[6],
la quale è propria di ogni essere secondo il suo proprio livello. Questo vuol
dire che si cerca la bellezza che appartiene a tutte le creature[7], però non della stessa
maniera. Cioè, che non sono allo stesso livello la bellezza dell’uomo in
relazione con la bellezza del caballo; ne la bellezza di un paesaggio in
relazione con la bellezza di una pietra; ne la bellezza di una scultura in
relazione della bellezza di un fiore.
In
breve affermiamo che la bellezza c’è, ed è una realità oggettiva e soggettiva
simultaneamente; ora, la sua esistenza dipende dalla parte obiettivo. Sono tre
livelli in cui si può parlare di bellezza: livello estetico, livello filosofico
e livello teologico. La nostra tesi futura prenderà prima la strada filosófica,
poi estetica, e finalmente la teológica.
Più prospettiva in: http://spazioetemposacro.blogspot.it/
[1] Cfr. Aristotele, Metafisica, libro I.
[2] Baumgarten ha imposto il nome alla disciplina, ma Kant
ha iniziato la sua teoria.
[3] Cfr. T. de Aquino, Summae Theologiae, I, q. 5, a . 4: «pulchra
enim dicuntur quae visa placent »; I-II, q.27, a. 3: « pulchrum autem dicatur id cuius ipsa apprehensio placet.».
[4] Se questo è
così, perché delle volte alcuni dicono che qualcosa è bella e altri lo negano? La
risposta la troveremo quando parlemo piu avanti dei tipi di bellezza.
[5] La bellezza
c’è, cioè, è ciò che è. Ciò che è l’ente. Ente è ciò che
l’intelletto concepisce per primo. Ciò
che è, è l’atto di essere (esse).
«L’essere si capisce da ciò che è accidentalmente oppure da ciò che è in se»(Aristóteles, Metafísica, V, 7). Questo
che è in sé, e non in un’altro, è la sostanza.
L’ente non è un genere, per cui, non si può aggiungere qualcosa di reale
che si trova al di fuori dell’ente stesso. L’ente ha due tipi di proprietà. Tommaso D’Aquino distingue tra
quelle che esprimono un modo particolare di essere, chiamate categorie oppure predicamenti: «uno modo ut modus expressus sit aliquis specialis modus entis»; e
quelli che esprimono un modo generale di essere, cioè, che appartengono a tutto
l’essere «Alio modo ita quod modus
expressus sit modus generalis consequens omne ens» (T. de Aquino, De
Veritate, q.1, a.1). Questi ultimi sono quelli che la tradizione scolastica
ha chiamato proprietà trascendentali (J. de
Finance, Conocimiento del ser,
Gredos, Madrid 1971, 96. «El término trascendentales no se encuentra en Santo
Tomás». Nota 1, n.26) dell’essere perché trascendono tutte le categorie.
[6] I trascendentali sono concetti, o esseri
di ragione, che si riferiscono allo stesso ente. Com’è stato detto non
aggiungono nulla di reale all’ente, ma sì aggiungono qualcosa di ragione.
Questo primo passo nella dottrina dei trascendentali
ci aiuta per capire cosa vogliamo dire quando affermiamo che la bellezza (pulchrum) è un trascendentale (Qui non sviluppiamo la quaestio disputata sulla trascendentalità del pulchrum. Peró questo approffondimento lo si può trovare in: Eco, U., Il problema estetico in Tommaso D’Aquino, Fabbri – Bompiani,
Milano 1982. Oppure in Lobato, A.,
Ser y belleza, Herder, Barcelona
1965. Anche in M. Reyes,
Pulchrum, como el culmen del despliegue
trascendental del ente, APRA, 2008).
[7] Tutte le creature, e anche al primo motor inmovil, cioè, Dio; però esso non è creatura ma Cratore.